Perido feudale         

contributo del Dr.ferdinando Mamone

La conquista normanna del territorio meridionale, comportò anche l’introduzione del feudalesimo, ovvero il governo di grandi possedimenti.

Il Gran Conte Ruggero d’Altavilla, designò quali suoi più stretti collaboratori, persone di sicura fedeltà, assegnando loro dei cospicui feudi, le cui rendite contribuivano al mantenimento della corte comitale.

Questo territorio, quindi, fu assegnato ad un nipote di nome Roberto Burrellus, che lo tramandò ai suoi discendenti. Essi furono Guglielmo Borrello e il figlio di questi, Ugo il Rosso a cui successe Malgerio e quindi Ruggero. Si conclude con Ruggero il dominio degli Altavilla sancito dall’Imperatore Federico II, il quale affidò il feudo di Borrello a Gualtiero Appard, suo fidato ministro e “mano lunga”. L’Appard era un uomo avido e litigioso. Invase prima il territorio di Feroleto, proprietà dell’Arcivescovo di Messina e successivamente il possedimento di Santa Lucia, feudo della Mensa Vescovile di Mileto. I monaci eremiti continuamente minacciati, per mantenere la loro tranquillità, dovettero ricorrere al sovrano. Il Re, tramite il Giustiziere di Calabria, ammonì l’irrequieto feudatario, minacciando severe sanzioni.

Dopo la morte di Federico II, il feudo di Borrello fu tolto ad Appard rimasto fedele agli Svevi, e assegnato a Ugo di Brienne, ben voluto dagli abitanti di Borrello e dei relativi casali, rimasti fedeli ai d’Angiò. Il conte Ugo di Brienne, però, temendo intrighi di corte rifiutò tale donazione, sicché il feudo di Borrello fu restituito ad Appard il quale riprese le sue antiche prepotenze a danno dei cittadini. Alla sua morte avvenuta nel 1277, il feudo ritornò alla demanio regio.

Ruggero di Lauria, ammiraglio siciliano, ottenne da Carlo II questo vasto territorio nel 1315. Passato ai Sanseverino lo tennero sino alla fine del ‘300. Tornato al demanio regio nel 1400, re Ladislao il Magnanimo lo cedette a titolo oneroso a Bernardo Capece. Tuttavia per motivi di opportunità detta vendita fu revocata e Alfonso il Magnanimo lo diede a Carlo Ruffo conte di Sinopoli. Rimase a questa famiglia fino al 1474, quando re Ferrante d’Aragona lo avocò alla corona, per poi cederlo al nobile di Centola nel Cilento (SA), Ugo di Alagna, la cui sorella Lucrezia era amante del Re. Ritornato al regio fisco, re Ferdinando nel 1479 lo cedette ad Arcamone Aniello per la somma di 18 mila ducati. Questo signore, Presidente di Camera e Regio Consigliere, si trovò coinvolto nella congiura dei baroni, ordita da suo cognato Antonello Petrucci, uomo colto, di alto intendimento, segretario del re Ferrante. Perciò gli furono confiscati tutti i suoi beni che passarono di proprietà del demanio.

Fu scarcerato nel 1495 e poi riabilitato nel suo onore. Morì a Napoli nel 1510 e seppellito sotto un altare nella chiesa di San Lorenzo. Una lapide tombale rende nota la seguente iscrizione:

Agnello Arcamonio Borrelli Domino Juris Consul.// Praestantiss. Quem senior Ferd. Rex ad Regni curas vocatum// Inter Proceres adlegit// Ad Venetos, ad Sixtum IV Pont. Max. Legationibus esegie defuncto// Utramque fortunam experto Utriusque, Viatori// Annibal de Capua Socero B.M.P. An. MDX.

Frattanto data la disponibilità, la contea di Borrello fu compresa nella cospicua dote di Isabella, nipote di Ferrante d’Aragona che andava in sposa a Gian Galeazzo Sforza duca di Milano. Il feudo, dunque, rimase in loro possesso per venti anni.

Nel difficile periodo di passaggio del regno di Napoli e Sicilia, all’unificazione al regno di Spagna, approfittando della temporanea vacanza di potere governativo e del riordino della cancelleria della regia camera, da Ettore Pignatelli furono prodotti falsi titoli di acquisto, poi confermati nel 1506 (Marzano). Le intestazioni riguardavano l’acquisizione del ducato di Monteleone (od. Vibo Valentia) e della contea di Borrello al predetto nobile napoletano Pignatelli.  

Il cospicuo patrimonio terriero rimase a quella famiglia sino all’eversione della feudalità, voluta dalla legge francese del 2.8.1806, quando abolita la feudalità, furono istituiti i Comuni nel Regno delle Due Sicilie.

Intanto il 5 febbraio 1783, un violento terremoto aveva distrutto tra l’altro, Borrello e i suoi Casali, Serrata, Vasia, Candidoni, Bellantone, Stelletanone e Laureana. Borrello e Vasia ormai ridotti ad un cumulo di macerie subirono l’abbandono, mentre gli altri villaggi furono ricostruiti sullo stesso luogo.