Urbanismo

27.07.2009 17:35

Era circa il 1976 quando il Consorzio di bonifica  della Provincia di Reggio Calabria decise degli interventi nel circondario di Laureana di Borrello, Candidoni e Serrata, tendente ad incrementare la viabilità rurale, andando a progettare delle strade che congiungessero i centri urbani con il fondovalle Mesima e Marepotamo, dando sfogo, quindi, all’attività agricola della zona verso i centri della Piana. Quella che interessò Candidoni fu prevista subito dopo il centro urbano, verso Serrata, sostituendo le vecchie mulattiere e viottoli interpoderali e doveva essere non più lunga di tre chilometri. Iniziò subito male, però, iniziando i lavori, come le grandi opere, da entrambi le parti del tracciato, con ditte diverse che si interruppero, lasciando due tronconi di strada conclusi praticamente inutilizzabili, mancando il tratto centrale, una sorta di scherzo per la gente. Dopo molto tempo il tratto centrale fu realizzato alla meglio per poter consentire il transito. Da allora, pur risultando aperta al traffico, ma in effetti impercorribile per stato e pericolosità, risulta assolutamente abbandonata tanto da essere invasa dalla vegetazione spontanea nell’indifferenza di tutti che solo il fuoco, di anno in anno, provvede a ripulire in estate mentre impraticabile per acqua e fango in inverno. Oggi, per quella strana convinzione che attanaglia, che ciò che è di tutti e condiviso è come se non fosse di nessuno, come il proverbiale cavallo della comunità, ecco che la “strada” che doveva essere di servizio alla gente diventa una discarica di ciò che non può essere dimesso in discarica, di ciò che la gente paga per essere smaltito ma che è conveniente non smaltire perché si intascano i soldi. Ecco, quindi, che si possono scaricare alla rinfusa centinaia di pneumatici dismessi lungo la strada abbandonata dall’ente proprietario e che nella distrazione non se ne accorge, magari a futura memoria come cimelio per le prossime generazioni, visti i tempi di deteriorabilità, e nulla conta se poco a valle da un grosso tubo sgorga acqua che qualcuno utilizza. Ecco, quindi, come  gli spazi comuni, assurdamente pensati di nessuno, per qualche soldo in più, diventano destinatari di questi interventi insensati dell’uomo sul territorio che qualcuno chiama, sociologicamente, “Urbanismo”.