Pasqua 2009

13.04.2009 00:14

 Anche per quest’anno, con qualche adattamento, necessario, alle funzioni pertamente religiose della settimana santa, si sono aggiunte quelle rappresentazioni che da sempre, seppur in forma minore rispetto ai paesi vicini, caricano l’atmosfera di quel misticismo proprio della Pasqua che la gente vuole, aspetta e  spera che ci siano. Si è iniziato con la Santa messa del Giovedì in quell’ultima Cena, quando  da bambini, nel momento magico della benedizione, ci faceva alzare la ciambellina (a curujha) ma che non c’era posto al tavolo dei dodici per i bimbi. Anche questa volta ci sono stati i dodici e non si fa differenza, si è riusciti ancora a portare il sacro simulacro dell’Addolorata sino al calvario, snodando una via crucis con le sue stazioni e ritornare ancora in chiesa con la varetta del Deposto portato dalle donne. Ancora, almeno per questa volta, i soliti quattro c’erano, aiutati da qualche giovane poi ancora uno, ma non bastavano e, allora, comunissimi supporti, semplici, hanno risolto il problema, ad ogni stazione la statua si appoggiava e solo dal calvario in poi si è portata in spalla. C’erano ancora i soliti alla veglia pasquale di mezzanotte. Molti mancavano. Si sono persi gesti semplici, partecipazione senza rumori. Hanno perso, però, l’occasione di conoscere un giovane Prete, Padre Pablo, studente in filosofia, salesiano, venuto per l’occasione da Roma. Si sono persi la sua gioviale simpatia, il suo relazionarsi con i ragazzi, a rincorrerli per ringraziarli per essere stati a Messa. Si sono persi il suo straordinario gesto dello scambio della pace con tutti in Chiesa, accompagnato da un sorriso sincero. Si sono persi, probabilmente, un regalo inaspettato. Si sono persi padre Pablo che dice voler tornare, “è molto bello qui” dice, inspiegabilmente, e forse per lui lo è davvero. Forse non era da perdere, rimandando tutto alle scene più frequentate di agosto se verrà.