La calura estiva da diversi punti di vista

03.07.2012 12:09

Caronte si chiama questo tempo, che ha sostituito Scipione l’Africano, altro breve, ma caldo, periodo di giugno. Nomi che rimandano ai banchi di scuola, ai vecchi libri di storia e le mirabili pagine Dantesche. Oggi si identificano periodi temporali, per associazione di idee, per indicare situazioni, stagioni, clima. Caronte conduceva all’inferno le anime prave, oggi è  il caldo, infernale appunto, anticiclone africano che fa sbalzare le temperature in fortissime fiammate che suscitano allarme, particolarmente per la salute delle persone anziane e/o malate. Il rischio incendio si alza in modo esponenziale. In agricoltura la produzione viene compromessa. Nel piccolo del domestico le zanzare ci fanno pelo e contropelo, particolarmente quelle tigri. Tutto sembra eccezionale e calamitoso, ma, per la verità, ogni anno più o meno è la stessa cosa. E’ sempre l’ultimo anno quello che assume carattere di eccezionalità, prima per il troppo piovoso, poi per il vento, poi le frane, poi il caldo, finanche lo scirocco assume carattere nefasto e premonitore. Allora l’eccessivo caldo che non fa respirare o la mancanza di un bel sole che non ci fa andare al mare. E’ legato al meteo il nostro perpetuo  lamentarci, o forse ci fa comodo servirci del meteo, non potendolo determinare ed essendo sempre disponibile, per ogni stagione. La cosa simpatica, però, è che il lamentarsi arriva sempre chi le intemperie non li subisce, ma ne approfitta per trarne vantaggio.  In questi giorni, uno dei più caldi, circa 40 gradi all’ombra, percorrevo l’autostrada, all’altezza di Mileto. Essendo a doppio senso per i lavori di ammodernamento, potevo osservare i lavoratori nel cantiere. Ero in macchina con climatizzatore, naturalmente. Alcuni asfaltavano, altri preparavano le piste battute, altri formavano dei gabbioni in pietra. I primi, a contorni  sfuocati dall’aria tremolante per la gran calura, avvolgevano il capo in magliette a mo’ di  turbanti, scuri  in viso, e nelle parti scoperte, di un rosso vinaccia, intenso, cupo, quasi nero paonazzo. Altri bianchi completamente, di gesso, per una coltre polvere, tranne le labbra e le orbite degli occhi. Non mostravano sguardi smarriti però, eccessiva sofferenza, ma attenzione e naturale tensione pari all’impegno a cui ognuno era chiamato. Tanto traspariva anche se ad uno sguardo veloce.  La consapevolezza del proprio ruolo. In una disquisizione, tempo fa, cercavo di spiegare certi comportamenti assunti, a chiarimento di alcune affermazioni di persone risentite e sofferenti nei miei confronti.  Sono emersi, con mio grande stupore,  particolari del mio carattere che non conoscevo:   “atteggiamenti da superuomo”,  oltre a colorite affermazioni, come “lavoratore modello e integerrimo” e “cittadino modello”.   Evidentemente, a tutela della propria posizione, è meglio attaccare piuttosto che difendersi, assumendo, per ovvia, la propria integerrima condotta,  elevandosi ad esempio per gli altri, soffrendo addirittura per non essere preso ad esempio per integrità etica e morale. Oggi, giornata caldissima,  al fresco del mio ufficio, dotato di climatizzatore, mi è comparsa all’improvviso la faccia paonazza dell’operaio sull’autostrada, ancor più scura,  pur nella consapevolezza dei propri ruoli, quando sentivo qualcuno lamentarsi per l’eccessiva calura, nell’ufficio climatizzato, per cui si sarebbe trattenuto solo qualche ora,  per poi rientrare, con macchina climatizzata,  presto a casa. Avrà una casa a clima costante,  su modello Macronesia,  oltre al pagamento, comunque, dello stipendio, evidentemente.  Chissà se appena arrivato a casa ha svuotato il carico delle travi dei propri occhi, prima di deporre l'integerrima severità del proprio dovere .